Napolitano Giorgio Morto

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Napolitano Giorgio Morto
Napolitano Giorgio Morto

Napolitano Giorgio Morto – Giorgio Napolitano è un politico italiano ed ex presidente della Repubblica italiana. Dal 15 maggio 2006 al 14 gennaio 2015 è stato l’undicesimo presidente dell’Italia; è stato anche il primo leader del paese ad essere rieletto.

In precedenza era stato presidente della Camera nell’XI Legislatura (subentrando nel 1992 an Oscar Luigi Scalfaro, salito al Quirinale) e ministro dell’interno nel governo Prodi I, nonché deputato pressoché stabilmente sua elezione alla prima carica della Repubblica.

È la prima volta che un membro del Partito Comunista Italiano ricopre la carica di capo dello Stato; dopo De Nicola e Leone, è il terzo napoletano a ricoprire l’incarico. Il 20 aprile 2013 è stato rieletto alla presidenza, diventando il presidente più anziano della storia italiana al momento della sua elezione e il primo ad essere rieletto per un secondo mandato.

Era il capo di stato più anziano d’Europa e il terzo più anziano del mondo, dopo Robert Mugabe dello Zimbabwe e il re Abd Allah dell’Arabia Saudita.Cinque presidenti del Consiglio dei ministri hanno ricoperto la carica di capo dello Stato: Romano Prodi (2006-2008).

Silvio Berlusconi (2008-2011), Mario Monti (2011-2013), Enrico Letta (2013-2014), e Matteo Renzi (2014-2016); cinque giudici della Corte di diritto costituzionale (Paolo Grossi nel 2009, Marta Cartabia nel 2011, Giuliano Amato nel 2013, ed infine Daria de Pretis e Un ex presidente del paese viene automaticamente nominato senatore a vita.

È il figlio di Giovanni (1883–1955):

Un avvocato liberale, poeta e saggista di Gallo di Comiziano, e Carolina Bobbio, un membro della nobiltà napoletana che proviene dal Piemonte. Dal 1938 al 1941 frequentò il Liceo Classico Umberto I di Napoli, dove frequentò la quarta e la quinta ginnasio prima di passare al secondo liceo (durante la guerra).

Nel dicembre successivo si trasferisce con la famiglia a Padova e completa gli studi secondari presso il liceo classico Tito Livio.Nel 1942 conseguì la laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

In questo periodo aderisce al Gruppo Universitario Fascista di Napoli e collabora al settimanale IX Maggio, dove si occupa di rassegne teatrali. In questo periodo incontra alcuni amici che, insieme a Massimo Caprara, sono sul punto di formare la direzione del Gruppo Comunista di Napoli, e che lo circondano con un clima di intensa vitalità e libertà intellettuale.

Il giovane napoletano si interessa di letteratura e di teatro (cosa che ha maturato nelle aule del liceo classicista Umberto I di Napoli con amici come Francesco Rosi, Giuseppe Patroni Griffi, Antonio Ghirelli, Raffaele La Capria e Luigi Compagnone), e fa il suo debutto come attore in un paio di piccole parti con il GUF al Teatro degli Illusi di Palazzo Nobile.

Nel 1944 entra in contatto con il gruppo dei comunisti napoletani che comprendeva:

Tra gli altri, Mario Palermo e Maurizio Valenzi, e che si preparavano all’arrivo in città di Palmiro Togliatti. Napolitano aderisce l’anno successivo al Partito Comunista Italiano (PCI) e ne diventa segretario federale a Napoli e Caserta. Due anni dopo, nel 1947, si laurea in giurisprudenza con una tesi di economia politica dal titolo “La fallita industrializzazione del Medio Oriente dopo la seconda guerra mondiale e la legge speciale di Napoli del 1904”.

Eletto al Parlamento italiano nel 1953 e rieletto ininterrottamente fino al 1996 nel collegio elettorale di Napoli, salì alla guida del Comitato centrale del PCI dopo esserne diventato membro all’VIII Congresso (1956) grazie all’appoggio che Togliatti gli aveva dato. e altri giovani dell’epoca.

In quell’anno, tra ottobre e novembre, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche mise in atto la repressione del movimento ungheresi, che la dirigenza del PCI condannò come controrivoluzionaria (l’Unità arrivò addirittura a definire “teppiste” e “teppiste” le operazioni degli insorti). spregevoli provocatori”).

Circa un mese dopo gli avvenimenti della Rivoluzione Ungherese del 1956, durante l’VIII Congresso del PCI tenutosi a Roma dall’8 al 14 dicembre di quell’anno, Napolitano elogiò l’intervento sovietico, criticò le posizioni di Antonio Giolitti e disse:

Lo scrittore italiano Giolitti scrisse:

Il compagno Giolitti […] poi ci ha detto che l’intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere […] che l’intervento sovietico si giustificava solo dal punto di vista d[8]

In realtà, rispetto a coloro che all’epoca sostenevano che la rivoluzione in Ucraina era legittima e che le riforme democratiche dovessero essere sviluppate all’interno del comunismo,[9] l’opera di Napolitano risulta unica nel suo genere. molto influente, come ammise più tardi nella sua autobiografia politica.

C’è stata una “grave autocritica” riguardo al passaggio dal PCI al socialismo europeo. Successivamente descrive dettagliatamente il suo percorso politico, spiegando di aver seguito le orme di Giorgio Amendola, che è stato determinante nello sviluppo iniziale del partito e che Napolitano vedrà sempre come un alleato.

Conclude dicendo: «La mia storia non è rimasta uguale a quella iniziata, ma è passata attraverso le evoluzioni decisive delle realtà sia internazionali che nazionali».Tra gli anni 1969 e 1975 si concentra sulle questioni culturali del Paese in qualità di responsabile della politica culturale del Partito Comunista Italiano.

Il suo libro, Intervista sul PCI con Eric Hobsbawm, ebbe un discreto successo, essendo stato tradotto in più di una dozzina di lingue. Rappresenta il partito nel periodo della solidarietà nazionale (1976-1979) sui temi economici e sindacali nei colloqui con il governo Andreotti.

Iniziò la sua carriera internazionale negli anni ’70:

Parlando presso istituti di politica internazionale nel Regno Unito e in Germania (dove contribuì a contrastare la socialdemocrazia europea con l’Ostpolitik di Willy Brandt) e, cosa insolita per un politico italiano dell’epoca, nelle università degli Stati Uniti; nel 1978 divenne il primo dirigente del partito comunista italiano a ricevere il dottorato onorario.

Napolitano scrisse una nota segreta per il PCI nel febbraio 1974, pochi giorni prima dell’espulsione di Aleksandr Solzenicyn dall’Urss, in cui attaccava lo scrittore per aver danneggiato lo Stato sovietico e provocato dissensi, invitando contemporaneamente il PCUS a tollerarlo perché la repressione avrebbe aiutò i nemici dello Stato sovietico.

Dopo la sua espulsione, però, pubblicò un articolo su L’Unità e poi su Rinascita in cui respingeva ogni possibilità di dialogo con il dissidente illuso dal socialismo reale,[14] etichettando come “aberranti” i giudizi politici espressi da Solzenicyn e sostenendo un’opinione nebulosa sulla decisione del Cremlino di espellerlo.

Napolitano Giorgio Morto

Dal 1976 al 1979 è responsabile della politica economica del partito. Napolitano fu una figura storica della corrente “destra” del PCI, emersa alla fine degli anni Sessanta e ispirata ai valori della democrazia socialista nel solco della tradizione di Giorgio Amendola.

Negli anni di maggior conflitto interno, la corrente Napolitano fu soprannominata “migliorista” dai suoi avversari. Questo termine peggiorativo si riferiva a un’azione politica che cercava di migliorare la vita della classe operaia senza sfidare fondamentalmente il capitalismo.

Spinelli riuscì ad allontanarsi ulteriormente dall’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche condannando l’invasione dell’Afghanistan (giustificata da Amendola), e da Amendola ereditò l’orientamento riformista di leader dell’ala moderata del PCI. Da allora la maggioranza del partito ha accettato la sua posizione critica nei confronti dell’URSS.

Nel 1992 fu eletto presidente del Parlamento italiano, succedendo a Oscar Luigi Scalfaro, divenuto Presidente della Repubblica Italiana. Era la “legislatura di Tangentopoli”, e la sua presidenza divenne un punto critico nel rapporto tra magistratura e politica; due episodi risultano particolarmente esemplificativi di come Napolitano conquistò l’opinione pubblica, all’epoca particolarmente scettica nei confronti delle autorità pubbliche.

Il 2 febbraio 1993 un funzionario della Guarda di Finanza si presentò all’ingresso posteriore di Palazzo Montecitorio con l’ordine di esibizione di documenti. Si trattava dei documenti originali del partito, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, che sarebbero stati utilizzati dal magistrato presidente Gherardo Colombo della Procura milanese per accertare se alcuni contributi a politici inquisitori fossero stati fraudolentemente denunciati.

Su ordine del presidente, il segretario generale della Camera si opporrà alla richiesta del funzionario di violare lo status privilegiato della Camera come luogo al quale la polizia e l’esercito non possono accedere senza un mandato. I giorni successivi hanno visto il sostegno unanime alla decisione del Presidente Napolitano da parte di tutti i principali partiti politici e dei media.

Dopo la seduta del 29 aprile 1993:

Nella quale la Camera rispose alle richieste di autorizzazione a procedere con voto segreto nel procedimento contro Bettino Craxi, si verificò un secondo episodio. Il 6 del mese, su richiesta del Presidente Napolitano, venne convocata la Giunta per il Regolamento, nella quale fu deciso che le deliberazioni della Camera sulle autorizzazioni a procedere sarebbero state votate in modo palese (riservando l’uso dello scrutinio segreto).

Nei casi di opposizione all’arresto, alla perquisizione o ad altra privazione della libertà personale). Così facendo, la Presidenza della Camera dei Deputati (e del Senato, presieduto da Giovanni Spadolini, che lo stesso giorno ha adottato un identico metodo di deliberazione) ha scongiurato l’ipotesi di proposte di concessione dell’autorizzazione richiesta dalla magistratura votata segretamente nell’urna, in quello che era stato ribattezzato il “Parlamento degli Inquisitori”.

Nonostante abbia fatto una forte dichiarazione in onore del defunto deputato Moroni:

Lui e Craxi alla fine si sono lasciati per la sua decisione di ignorare le dogmatiche richieste di Craxi che il presidente della Camera, l’onorevole Gaetano Vairo, si dimettesse dalla sua posizione di capo della Commissione per le autorizzazioni della Camera. , Luigi Majno Carnevale si occupava di ritirare la quota spettante al partito comunista e di girarle, in particolare, alla cosiddetta “corrente migliorista” che «a livello nazionale […] fa capo a Giorgio Napolitano».

Nel 1994, tornato sui banchi parlamentari dopo aver ricoperto la carica di presidente della Camera, ha l’incarico Al termine del colloquio, Silvio Berlusconi si è congratulato con lui per la sua visione di “una linea di confronto non distruttiva tra maggioranza e opposizione”. Per tre anni questo rapporto è rimasto nascosto, fino alla crisi istituzionale del caso Englaro nel febbraio 2009.

Romano Prodi lo sceglie come ministro dell’Interno nel 1996. Insieme alla collega ex comunista Livia Turco[19], propone l’approvazione nel luglio 1998 della legge Turco-Napolitano, che istituisce strutture abitative temporanee per gli immigrati clandestini.

Nell’assumere questo ruolo, è stato pesantemente criticato per non aver perseguito tempestivamente e adeguatamente Licio Gelli, fuggito all’estero nell’aprile 1998 (dopo essere evaso dal carcere nel 1983) lo stesso giorno in cui la Cassazione emise la sentenza definitiva di condanna lui di depistaggio e sabotaggio.

Per questo motivo i suoi oppositori presenteranno una mozione di sfiducia contro lui e il ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick, che sarà respinta con 46 voti favorevoli e 310 contrari il 29 maggio 1998.

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